Prima proiezione: Lunedì 20 marzo, ore 21,00 con introduzione di Gianni Lucini, versione originale con sottotitoli.
Seconda proiezione: Martedì 21 marzo, ore 21:15 - versione doppiata in italiano
Copia restaurata dalla Cineteca di Bologna - Versioni director's cut.
Ciò che colpisce di The Warriors è al tempo stesso la sua classicità e la sua modernità. Classicità e modernità che sono fuori da ogni categoria temporale, perché l’opera di Hill è prima di tutto ‘estranea al Tempo’. Quindi gli aggettivi ‘classico’ e ‘moderno’ non sono rispettivamente sinonimi di ‘antico’ e ‘nuovo’. Tutt’altro. La struttura classica di The Warriors emerge innanzitutto dalla propria origine letteraria, il romanzo omonimo di Sol Yurick pubblicato nel 1965. Lo scrittore si era ispirato a un testo di Senofonte, l’Anabasi, e aveva immaginato di riaggiornarlo trasportando la vicenda (diecimila soldati mercenari, lontani dalla patria, senza capi, che cercano di tornare a casa e incontrano sulla propria strada gente sconosciuta e ostile) nelle strade di New York. Non solo. Hill rispetta, soprattutto a livello di scrittura, le tre unità della tragedia greca: luogo, tempo, azione. Il luogo è strettamente delimitato dalle barriere urbanistiche di New York. La ruota del luna park che apre il film e che ricompare, all’alba, in una delle ultime scene, è l’oggetto-segno di un punto di partenza/ritorno, di una circolarità narrativa ellissoidale. È quello il vero nucleo da cui sembrano prendere origine tutte le arterie che conducono nelle varie zone della metropoli. Una New York spogliata anche dei suoi tratti architettonici distintivi, assimilata dalla fotografia notturna di Laszlo – che accentua ancora di più i contorni chiaroscurali di oggetti e corpi (gli stessi Warriors sembrano essere disegnati con tratti quasi scultorei sia nei lineamenti fisici sia nelle espressioni del volto) – a una qualsiasi città/mito del passato. […] Horror, western, musical, film sulle bande giovanili, thriller urbano. The Warriors è un’autentica miscela esplosiva di cinema puro. Opera classicista anche a livello formale […] il film si mantiene continuamente “dentro la tradizione” e “fuori della tradizione”. Forse sta in questo non solo la sua modernità ma soprattutto un’indubbia funzione anticipatrice che ha condizionato opere successive ma ha anche formato, più o meno dichiaratamente, il linguaggio di molti cineasti futuri.
Simone Emiliani
Trovavo interessante l’idea di non guardare a una banda in termini di problema sociale, ma sotto un altro punto di vista, quello del loro eroismo inteso nell’accezione classica del termine. […] Mi piaceva anche l’idea di raccontare una vicenda tratta dalla storia greca. Si trattava dell’Anabasi ambientata in un mondo futuristico e fantascientifico […] Quando si da vita a una fantascienza c’è spesso la propensione ad astrarla del tutto. Ho pensato che la sfida sarebbe stata renderla realistica e fantastica allo stesso tempo; volevo combinare quei due elementi per farne un fumetto dark.
Walter Hill