Nosferatu-Il principe della notte (1979) di Werner Herzog sarà sullo schermo di Cineteca Araldo Lunedì 24 novembre ore 21:00
Introduce il film Davide Gravina
Per Friedrich Wilhelm Murnau il Nosferatu, il non-morto era il simbolo dell’irruzione violenta di un elemento irrazionale nel tessuto della realtà borghese ottocentesca, un qualcosa capace di opporre alla buona educazione e alla facciata ipocrita del mondo circostante una forza eversiva ed incontenibile. Come uno specchio diabolico e metafisico il vampiro, nel capolavoro del muto tedesco, rifletteva l’immagine impietosa della crisi irreversibile in cui versava tutta la middle class europea consapevole, ormai, del fatto che la propria funzione storica si stava esaurendo. Non può stupirci, allora, che un regista come Herzog, da sempre ossessionato dal lato oscuro e torbido della nuova borghesia del vecchio continente (che per certi aspetti tanto somiglia alla vecchia) sia stato a tal punto attratto dalle immagini di uno dei massimi exploit della Storia del cinema da sentire il bisogno di realizzarne una sorta di remake. Impressionato dalla straordinaria carica evocativa delle immagini di Murnau, Herzog sembra accostarsi alla pellicola del 1922 con un timore quasi reverenziale, alle soglie di un’idolatria che, in alcuni momenti, sfiora le vette di un altissimo manierismo. Eppure la sua azione sul tessuto narrativo non vuole assolutamente limitarsi al piatto ricalco di quanto già realizzato dall’illustre predecessore, ma, al contrario, rivela l’esigenza di trovare, nel rispetto quasi assoluto che lo muove (alcune sequenze sono virtualmente identiche), un’ulteriore nuova dimensione. Per Herzog Nosferatu diventa quasi una rivelazione messianica e misteriosa, una figura arcana la cui immortalità si trasforma necessariamente nella condanna ad una solitudine senza fine. In un mondo di sentimenti mortali come i cuori che li nutrono, il vampiro assume (grazie anche alla camaleontica interpretazione di Klaus Kinski) la statura tragica di un uomo condannato a sopravvivere alla sua stessa esigenza d’amore. La tristezza nel Male. E in questa sua carica di verità intensificata dal dolore, il mostro finisce per far spalancare sotto i nostri piedi una delle visioni d’incubo e angoscia più grandi che il regista monacense sia stato sinora capace di donarci.



